L'Italia e la Tuscia nel Pliocene.
L'Italia e la Tuscia nel Pliocene.

Testimonianze fossilifere nella Tuscia

 

Questa sezione raggruppa tutti i fossili fin'ora trovati nel territorio della Tuscia viterbese. Le aree interessate sono ovviamente quelle sedimentarie, e affiorano dal livello attuale della costa fino ad alcuni chilometri da essa nell'entroterra; in territori come quello di Monteromano le rocce sedimentarie si spingono fino anche a 20 km dalla costa, mentre in altri punti come Civitavecchia o Santa Marinella le rocce magmatiche o metamorfiche cominciano ad affiorare diffusamente anche a 7-8 km dalla costa.

Il plateau sedimentario della Tuscia si spinge ovviamente fino agli Appennini; sono stati gli eventi vulcanici dei tre odierni laghi a ricoprirlo con i loro prodotti ignei. Sotto di essi le rocce sedimentarie (costituite principalmente da torbiditi e marne del Cretaceo-Oligocene) si sono trasformate in rocce metamorfiche, con metamorfismi da spinti (più rari) a molto lievi, che però sono stati sufficienti a cancellare le tracce fossili prima conservate.

L'epoca più interessante nella zona è il Pliocene: è il più importante non per estensione ma per la frequenza dei ritrovamenti fossiliferi. Il Pliocene nella Tuscia affiora principalmente a partire da Civitavecchia e si estende fino ad oltre Montalto di Castro e Pescia Romana, dove si congiunge con gli affioramenti del grossetano. Il Pliocene affiora anche, oltre che nell'area litoranea, nelle zone di Orvieto, Bagnoregio, e tutta l'area calanchiva ad est del lago di Bolsena, appena terminano le rocce vulcaniche del lago stesso.

Le altre epoche sono poco rappresentate, eccezion fatta per il Pleistocene, che affiora soprattutto nell'area immediatamente vicina al mare e in alcuni depositi continentali nell'entroterra molto circoscritti. Il Miocene affiora nella valle del fiume Paglia e del Tevere, a est di Orvieto; lo si trova anche in alcuni punti del letto del fiume Mignone, dove affiorano i gessi messiniani, testimonianza del prosciugamento omonimo del Mediterraneo.

Nella cartina a sinistra è possibile avere un'idea di come si presentava l'Italia e la Tuscia nel Pliocene: come si vede, la nostra zona era sommersa dalle acque, che formavano un golfo non molto profondo dal quale affioravano anche alcuni territori insulari, visibili ancora oggi nelle calcareniti di Tarquinia.


Litorale fossilifero di Sant'Agostino: qui affiorano dei calcari a "panchina" risalenti al Neotirreniano (circa 115.000-72.000 anni fa) ricchi di malacofauna simile all'attuale
Litorale fossilifero di Sant'Agostino: qui affiorano dei calcari a "panchina" risalenti al Neotirreniano (circa 115.000-72.000 anni fa) ricchi di malacofauna simile all'attuale

 

Nella Tuscia si trovano principalmente faune malacologiche risalenti al Pliocene. La diversità e la diffusione di queste malacofaune dipende dal tipo di roccia in cui affiorano; ogni roccia rappresenta una tipologia di ambiente di deposizione.

Le argille, che sono sedimenti alloctoni provenienti da detriti rimaneggiati e ben classati, contengono molluschi viventi in qualsiasi ambiente come il sabbioso, il limoso, il roccioso; affiorano estesamente nell'area della Macchia della Turchina e contengono specie sabbiose (Cerastoderma glacum, Anadara darwini, Dentalium sexangulum, Cochlis, Nassarius reticulatum) e rocciose (Chlamys varia, Chama gryphoides, Neopycnodonte cochlear, Patella caerulea, Clanculus jussieui). Il motivo di questa eterogeneità è da ricercare nel metodo di deposizione delle argille: queste sono infatti costituite da sedimenti provenienti da un'area molto estesa, come un'intera valle fluviale, una zona deltizia o un golfo, che si depositano in condizioni molto calme o in acque relativamente profonde (questo per l'estrema finezza del sedimento) trasportando con loro gli organismi di ambienti diversi.

 

Luoghi della Tuscia fin'ora da me visitati.
Luoghi della Tuscia fin'ora da me visitati.

Le calcareniti invece sono di deposizione più grossolana, formate da centinaia di clasti macroscopici (per definizione dai 0,063 ai 2 mm di diametro) e contengono una fauna prettamente rocciosa o di scogliera: Pecten jacobaeus, Ostrea edulis, Neopycnodonte cochlear, Lithothamnium, briozoi, Cladocora caespitosa, Megabalanus tintinnabulum, Thylacodes arenarius.

Ci sono poi le sabbie incoerenti: a Tarquinia affiorano quelle a Flabellipecten flabelliformis, ricche di enormi Ostrea edulis, Pectinidae come Chlamys inaequicostalis e Flexopecten glaber e calchi di gasteropodi e bivalvi. Affiorano anche le sabbie ad echinodermi, ritrovabili poco fuori le mura nord di Tarquinia, guardando verso la valle del Marta: qui si trovano almeno 5-6 specie di Pectinidae, 3-4 di ricci di mare (echinodermi) e altra fauna sabbiosa minore come Ditrupa cornea (un anellide), qualche Dentalium, Anomiidae e calchi di bivalvi.

Un'altra litologia molto importante a livello scientifico e collezionistico sono i cosidetti "calcari a panchina": spiego cosa sono nella sezione "Geologia della Tuscia". In questi calcari, ricchissimi di fauna fossile, si possono trovare molte specie macro e microscopiche o molluschi rari (per "rari" intendo rinvenibili solo in alcuni affioramenti circoscritti, almeno qui nella Tuscia, magari in piccola quantità) spesso in ottime condizioni di conservazione. Un esempio sono i calcari costieri di Sant'Agostino, un museo a cielo aperto che conserva decine e decine di specie, con concentrazioni di anche un migliaio di esemplari in un unico "sasso".

 

Merita sicuramente un richiamo anche l'analisi del cosidetto "detrito": esso rappresenta la frazione clastica (e bioclastica) di una specifica litologia, ottenuta processando la stessa roccia con vari metodi (acqua corrente, setacci, sbriciolamento..) in modo da separare la matrice e i detriti in essa contenuta. In questo modo si può esplorare il mondo dei microfossili, che comprendono nummuliti, foraminiferi e ostracodi, briozoi, cnidari, spicole di spugna, porzioni di echinidi, parti di crostacei, denti di pesce e ovviamente anche molluschi: insomma, un microcosmo "popolato" da specie diverse da quelle tradizionali, visibili solo con una lente o un microscopio, che nasconde gusci calcarei spesso in perfetto stato di conservazione e offre decine di specie nuove e interessanti.

Parlo più diffusamente della raccolta e dell'analisi del detrito in "Attrezzatura per lo scavo e pulizia dei fossili".

 

Visita le singole sezioni riguardanti le varie famiglie per osservare questi fossili e leggere le descrizioni, utilissime per la corretta classificazione delle varie specie: una foto vale più di mille parole, certamente, ma una descrizione delle differenze con le altre specie almeno in ambito paleontologico è indispensabile.

Se invece sei interessato alle specie rinvenibili in un singolo affioramento, visita "Luoghi di ritrovamento".

Per avere informazioni riguardanti le rocce della zona, la loro ubicazione, formazione e il contenuto fossilifero, visita "Geologia della Tuscia".

 

Sopra ho inserito in una fotografia satellitare tutti i luoghi nella Tuscia fin'ora da me visitati.

Situazione dell'Italia nell'Oligocene: le traslazioni tettoniche non hanno ancora messo la penisola nella posizione odierna.

La crisi di salinità del Mediterraneo nel tardo Miocene (circa 5 mln anni): il tasso di evaporazione del mare è maggiore di quello di alimentazione da fiumi e piogge, formando enormi depressioni saline.

Il vulcanismo del periodo Quaternario della regione magmatica romana che ricoprì l'area di ignimbriti e prodotti ignei.

Nel Miocene medio (circa 10 mln anni fa) il fondale marino si innalza, grazie alla chiusura della Tetide e al vulcanismo crescente nel neo-Mediterraneo.

Il Pliocene e le successive glaciazioni del Pleistocene portarono a regressioni e inondazioni cicliche delle terre basse (Tuscia compresa)

La Tuscia oggi: i residui delle rocce sedimentarie giacciono sotto le colate laviche dei vulcani principali e affiorano nel litorale e parte dell'entroterra.



Immagini prese da Google immagini e Maps.