Fare foto ai fossili può sembrare un operazione semplice e sbrigativa, ma non è così. Infatti per una migliore facilità di classificazione devono essere fotografati rispettando certi angoli e prospettive, e cercare di mettere in risalto il soggetto fotografato con uno sfondo passivo e poco disturbante.

Personalmente ho cominciato facendo foto "come vengono", non curandomi molto dell'angolazione e dell'eliminazione dello sfondo, ma una volta trovati alcuni trucchetti e impostazioni particolari mi sono accorto che le fotografie che scattavo erano molto più utili nelle classificazioni e permettevano di fare meno errori e di apprezzare meglio i tratti salienti del fossile.


L'attrezzatura allestita per le fotografie di piccoli campioni.
L'attrezzatura allestita per le fotografie di piccoli campioni.


La reflex posizionata sul cavalletto con montato un Tamron 70-300 mm.
La reflex posizionata sul cavalletto con montato un Tamron 70-300 mm.

La mia "evoluzione" fotografica ha avuto varie tappe: dalla prima configurazione molto inefficiente composta da reflex, obiettivo poco adatto e senza cavalletto, con poche nozioni riguardo all'utilizzo del diaframma e del flash, fino all'ultima soluzione che sto ora adottando, costituita da reflex con obiettivo macro, cavalletto, comando a distanza, flash ben dosato e plastilina per un perfetto posizionamento del pezzo. Ho avuto l'occasione di provare diverse tecniche di fotografia, soprattutto macro: infatti quando mi sono ritrovato a fotografare pezzi piccoli (sotto il cm), ovviamente il classico 18-105 mm è risultato troppo riduttivo, occorreva zoomare eccessivamente il pezzo e la sua immagine era costituita da pochi pixel. Ho quindi provato le lenti close-up da montare sul mio 18-105: vanno abbastanza bene in mancanza di altro, sono economiche (un kit con 4 lenti si trova a 10€ su Amazon) e facili da usare. Il loro difetto è l'aberrazione eccessiva, soprattutto in quelle poco costose: nella periferia della foto i bordi apparivano sdoppiati, comparivano falsi colori e le sagome al centro risultavano bombate. Questo accade maggiormente per le lenti con ingrandimento più forte, come le 10X. Per ottenere foto migliori senza un obiettivo macro ci si dovrebbe affidare a lenti speciali come i doppietti acromatici (particolari composizioni di lenti che riducono le aberrazioni) oppure a dispositivi di allungamento della focale come soffietti o tubi di prolunga, che personalmente non ho ancora provato. Queste sono soluzioni molto meno efficienti rispetto agli obiettivi progettati per scattare solo foto macro, come gli 1:2, 1:1 o 2:1.

Il telecomando wireless per la Nikon.
Il telecomando wireless per la Nikon.
Notare la grande aberrazione cromatica prodotta da lenti close-up economiche montate su un 18-105 mm.
Notare la grande aberrazione cromatica prodotta da lenti close-up economiche montate su un 18-105 mm.

Gli obiettivi usati: 18-105 Nikon e 70-300 Tamron
Gli obiettivi usati: 18-105 Nikon e 70-300 Tamron
La funzione macro dell'obiettivo Tamron.
La funzione macro dell'obiettivo Tamron.

Un microscopio trinoculare adatto allo scopo, come AmScope SM-1TSZ-V203.
Un microscopio trinoculare adatto allo scopo, come AmScope SM-1TSZ-V203.

Sono passato poi all'obiettivo, per adesso, definitivo: un Tamron 70-300 mm con funzione marco, non stabilizzato. Usandolo con un buon cavalletto e con un comando a distanza in modo da non imprimere vibrazioni al sistema, le foto ottenute sono più che buone per pezzi di dimensione non inferiore al centimetro. Questo obiettivo permette di scattare foto con rapporto 1:2 (1 cm nella realtà corrisponde a 0,5 cm sul sensore), che è già un buon ingrandimento per una foto macro, per il prezzo che ho pagato per questo obiettivo. I problemi arrivano quando i pezzi sono molto piccoli (sotto al mezzo centimetro): qui il Tamron comincia a fallire, sia per motivi di nitidezza che per le dimensioni sul sensore del pezzo fotografato. Croppando (= zoomando) molto la fotografia di un soggetto piccolo, si riconoscono presto i pixel e i dettagli sono molto peggiori. Lo strumento definitivo per la fotografia di soggetti molto piccoli come frammenti di briozoi, foraminiferi o micro molluschi è sicuramente il microscopio trinoculare petrografico: è un apparecchio che, per essere un microscopio, raggiunge ingrandimenti bassi (fino a 90X di solito), ma più che sufficienti per questo tipo di soggetti, che siano fossili, conchiglie o microcristalli. Inoltre, se se ne acquista uno decente sui 500€, la qualità delle lenti è molto buona e si ha a disposizione uno zoom continuo da 0 a 80-90X. Trinoculare significa dotato di tre tubi: due per gli occhi, stereoscopici, adatti alla visione 3D dei pezzi e un altro singolo per la reflex, dotato dell'adattatore: in pratica il microscopio diventerebbe l'obiettivo della reflex.

Le differenze tra un immagine scattata con un obiettivo progettato per le fotografie macro (a sx) e un sistema con close-up su un obiettivo non  studiato per ospitare queste lenti. Si noti l'enorme aberrazione cromatica che esse generano (a dx)
Le differenze tra un immagine scattata con un obiettivo progettato per le fotografie macro (a sx) e un sistema con close-up su un obiettivo non studiato per ospitare queste lenti. Si noti l'enorme aberrazione cromatica che esse generano (a dx)

Le impostazioni ottimali per la mia configurazione per scattare foto macro.
Le impostazioni ottimali per la mia configurazione per scattare foto macro.

Come detto sopra, la fotografia dei fossili è principalmente una fotografia macro.

Quando si eseguono questo tipo di foto bisogna tenere conto di alcuni parametri importanti, come la profondità di campo, l'illuminazione e la stabilità. Andiamo quindi a posizionare la reflex sul cavalletto, ben salda, armata di obiettivo macro: le impostazioni che andrò ad illustrare sono relative al mio Tamron 70-300 mm. Posizionando la lente dell'obiettivo a una distanza di 0,95 m dal soggetto si otterrà il massimo ingrandimento, questo perchè l'escursione della lente di fuoco è la minima (= più vicina possibile): dato che il soggetto non è un piano ma è un oggetto tridimensionale, avremo delle zone più o meno vicine all'obiettivo, quindi per non cadere nel "fuori fuoco" (porzioni di campione troppo vicine e quindi impossibile da mettere a fuoco), metteremo il fossile a una distanza leggermente superiore al metro dalla lente.

Una volta fissata tutta la struttura costituita da piano portacampione, reflex e cavalletto, siamo pronti per la vera e propria impostazione di scatto. Innanzitutto si scelga la modalità di scatto "scatto comandato" o "scatto a distanza", in modo da poter usare l'utilissimo telecomando wireless che permetterà di non imporre vibrazioni alla macchina (costano 5-10€ su Amazon); in alternativa, anche un telecomando a filo va bene. Poi si proceda all'impostazione delle tre variabili fondamentali: ISO, diaframma e posa. L'ISO, dato che disporremo del flash, andrà impostato sul valore minimo: sulla mia D3300 è ISO100. Il tempo di posa va anche esso scelto il minimo possibile (questo, dato che useremo il flash, dipenderà dal flash sync della macchina, nel mio caso 1/200s, tempo che va benissimo). Per quanto riguarda il diaframma il discorso è leggermente più complicato: si sa che più si chiude il diaframma più profondità di campo si otterrà, ma a discapito della qualità che sarà disturbata dall'effetto della diffrazione: la luce passando per un piccolo foro (come quello dei diaframmi molto chiusi) cambia di direzione ottenendo aberrazioni e distorsioni, che si tramuteranno in una perdita di nitidezza della foto finale. Sotto si possono vedere due immagini molto ingrandite di un mollusco, una a f/16 e l'altra a f/45 scattate con il mio 300 mm marco. C'è da dire che gli obiettivi macro si comportano bene anche a diaframmi già molto chiusi come f/16 o f/22. Io personalmente scelgo un compromesso tra la profondità di campo (che grazie alla tecnica del focus stacking può essere recuperata, descritta sotto) e la nitidezza: uso di solito diaframmi compresi tra f/16 e f/22. Scelgo quello più aperto per i soggetti piatti, come i bivalvi o le superfici di rocce costellate di fossili, e quello più chiuso per i soggetti molto tridimensionali come la maggior parte dei gasteropodi. Per quanto riguarda il flash invece, io uso quello nativo della reflex a piena potenza, anche se si notano ombre fastidiose che ogni tanto escono fuori nelle foto. Per ovviare a ciò sarebbero necessari due flash esterni, uno a sinistra e uno a destra della reflex (costo: una trentina di euro l'uno, quelli più economici).


Per ottenere il contrasto maggiore tra pezzo e sfondo occorre utilizzare plastilina dal colore negativo rispetto a quello del pezzo.
Per ottenere il contrasto maggiore tra pezzo e sfondo occorre utilizzare plastilina dal colore negativo rispetto a quello del pezzo.

La tecnica "a sfondo nero" permette di ottenere delle fotografie molto contrastate, con un distacco netto della sagoma del soggetto dallo sfondo. Questo è fondamentale per la fase successiva della preparazione delle foto, cioè il ritaglio del fossile/minerale/conchiglia e il collage in una nuova immagine vuota che andrà poi a costituire la fotografia finale con tutte le prospettive necessarie, come quelle che potete vedere in questo sito.

 

Per poter eseguire fotografie di questo genere occorre avere a disposizione un piccolo piano nero opaco o anche lucido. Io uso un pannello laterale metallico di un case di un pc, ma sono altrettanto validi pannelli di plastica opachi o lucidi (questi ultimi a patto che siano ben lisci e non rugosi), oppure un qualsiasi piano rigido ricoperto con pellicola nera.

Su questo ripiano nero, opaco o lucido, verrà appiccicata una piccola massa di plastilina nera a mo di piedistallo: la plastilina è fondamentale perchè permette di posizionare il pezzo come si vuole e di ottenere una foto con una prospettiva perfetta. Il colore nero è scelto per lo stesso motivo del colore del piano: dato che la maggior parte dei fossili sono bianchi, gialli o comunque chiari, il nero comporta il massimo contrasto possibile. Ovviamente alcuni fossili possono anche essere scuri o totalmente neri (vedi i fossili triassici di Dossena): ovviamente in questo caso occorre avere il set piano+plastilina di colore bianco.


Ingrandisci l'immagine per osservare i piani a fuoco e le differenze tra le due immagini.
Ingrandisci l'immagine per osservare i piani a fuoco e le differenze tra le due immagini.

Con il focus stacking si possono comporre immagini con profondità di campo teoricamente infinita. Infatti, come detto nel paragrafo precedente, uno dei grossi problemi della fotografia macro è la profondità di campo: più l'immagine è ingrandita, meno profondità di campo si otterrà. Chiudendo molto il diaframma (F/16 e oltre) si aumenta questo parametro di diversi millimetri, ottenendo un'immagine sicuramente più valida, ma spesso non sufficiente a rappresentare un pezzo correttamente.

Per ovviare si utilizza il focus stacking: un collage di diverse immagini con diversi piani di messa a fuoco che, combinati, permettono di ottenere una profondità di campo completa. Ad esempio, dai test a 300 mm con F/22 ottengo una profondità di campo di 2-3 mm. Se dovessi fotografare assialmente un gasteropode turriforme (come un Cerithium o peggio ancora una Turritella), questa profondità sarebbe sicuramente troppo bassa: posso chiudere ulteriormente il diaframma fino al limite di F/45, ma come spiegato sopra interviene il fenomeno della diffrazione della luce che diminuisce la nitidezza nascondendo dettagli cruciali come scultura o microspine; e comunque anche a F/45 la profondità di campo non supera il centimetro. Si devono quindi fare 5-6 foto o più, ognuna delle quali mette a fuoco livelli diversi del mollusco (apice e 3 giri iniziali, poi dai 3 ai 5 giri, e via dicendo fino alla bocca); una volta scattate, si danno in pasto a software come Photoshop (che consiglio, dato che con esso si possono fare tutti gli altri editing necessari) che compongono l'immagine finale automaticamente. L'effetto ottenuto è quello di una profondità di campo che abbraccia tutta la lunghezza del campione, rendendolo chiaro e definito.

Inserisco qui sotto delle immagini che faranno capire meglio il focus stacking e la sua grande importanza (programma utilizzato: Photoshop CS6):